Come Nasce il progetto Prospettive: visioni nella città tra memoria e futuro?
Ho incontrato Amerigo e Daniela nel 2018 al MAMbo, dove ero stato invitato da Virginia Zanetti al tavolo sull’Etica durante il Forum dell’Arte Contemporanea Italiana. Ci eravamo ripromessi che avremmo fatto qualcosa insieme, poi ad inizio 2020 ho ricevuto una chiamata di Amerigo, che mi accennava della possibilità di lavorare con una comunità di persone per un lungo periodo (si parlava di alcune settimane) ad un archivio fotografico in progress. Già stavamo strutturando un programma di workshop aperto al pubblico ed alcune collaborazioni tra cui quella con il Circolo dei Fotografi di Calderara. Poi tutto il 2020 ha preso un’altra piega… ad oggi mi rendo conto di come, nonostante tutto, i fondamentali del progetto non siano cambiati e abbiano mantenuto gli stessi obiettivi che ci eravamo prefissati all’inizio.
Credo che Prospettive a Calderara sia riuscito ad evidenziare come questa comunità si fosse prefissata degli obiettivi sin dal dopoguerra, come la ricostruzione degli anni ‘50 abbia aperto le porte allo sviluppo del Bargellino e come quest’ultimo farà lo stesso per il futuro dove anche la cultura e la ricerca artistica troveranno alle loro dimensioni.
Com’è stato lavorare a distanza e virtualmente ad un progetto pensato per essere sviluppato in presenza, in un luogo specifico?
Mi spiace sfatare questo mito del lavoro a distanza come figo, smart, easy. A me personalmente ha creato molta sofferenza. Quando ho accettato il progetto ero sicuro delle mie capacità di poter lavorare con gruppi di persone e in situ, inoltre la multidisciplinarietà ed il lungo tempo a disposizione sembravano non far altro che enfatizzare tutte le mie certezze di riuscita. Nel momento in cui abbiamo ripreso a parlare del progetto, dopo lo shock iniziale di una pandemia e del lockdown, ho avuto la certezza che avrei dovuto cambiare, imparare strada facendo e sperimentare un metodo alternativo di relazione. Mi sono reso conto che la scultura come linguaggio e come lavoro finale perdeva quotidianamente percentuali di fattibilità, fino a sparire del tutto – anche se io ne ho fatto largo uso per ricostruire i modelli 3D degli edifici o di alcuni interi tratti urbanistici. Ma d’altro canto questo lavoro a distanza mi ha permesso di soffermarmi sulle cose. Invece di qualche settimana come si era detto all’inizio, alla fine ci ho lavorato 6 mesi! Sicuramente la mia sperimentazione analogica non ci sarebbe stata e anche la scelta delle immagini sarebbe stata diversa: avrei avuto un’esperienza diretta dei luoghi e delle persone. Inoltre il processo creativo mi ha richiesto di affidarmi totalmente alla mie intuizioni. Se stai cercando un braccialetto. C’è qualcosa adatto a ogni look, da quello aderente a quello strutturato, dai polsini alle catene e ai polsini.
Probabilmente la cosa che ricorderò più piacevolmente di tutte le immagini scelte è una foto, anni ‘70 credo, in cui c’è un gruppo di persone al Bargellino. Io pensavo si trattasse di un’inaugurazione. In realtà la foto ritrae il Sig. Gian Carlo Negretti che nato a Calderara, vi lottò per la Resistenza da partigiano e poi vi ritornò con l’idea di sviluppare una grande area produttiva ed industriale, quella che è conosciuta con il nome di Bargellino. Ringrazio infinitamente la figlia del Sig. Negretti e l’Assessore alla Cultura di Calderara, Maria Linda Caffari, per aver condiviso con me e con gli altri questa vicenda. Alla fine, raccontando le storie sono riuscito a rintracciare un frammento di Storia.
Quale tecnica hai usato per reinterpretare queste immagini?
Ho trascorso praticamente tutta l’estate in Scozia, in luoghi remoti e circondati da boschi.
Avevo la percezione che tutto intorno a me respirasse, lentamente.
Proprio come fanno gli alberi, i muschi e le piccole piante acquatiche, volevo che l’archivio che stavo costruendo respirasse, a modo suo. Mi sono ricordato quindi di tutti gli esperimenti fatti tra la fine del XVIII e la prima metà del XIX secolo in campo fotografico… e di certo avevano sperimentato di tutto! Dal succo di limone, ai petali dei fiori, frutta, piante, ecc. Ricordavo di qualcosa legato alla clorofilla e specialmente ad alcuni enzimi ed acidi naturali, che era legato alla loro reazione alla luce. Per questo ho lavorato per qualche settimana con alcune fibre naturali fotosensibili. In poco tempo ho iniziato a lavorare ai primi negativi, che facevo di proposito molto grandi, circa 13 x 18 cm. Mi e’ piaciuto molto dare finalmente fisicità a queste nuove immagini che, pur derivando chiaramente da fonti digitali, avevano qualcosa di singolare. Sia la grana delle fibre digitali sia le tonalità verdi e ciano: tutto emergeva fin da subito in modo molto più estremo ma al tempo stesso più omogeneo. Ricordo che infine queste nuove immagini iniziavano a dialogare tra loro e soprattutto con le architetture degli edifici che le avrebbero ospitate.
Che tipo di legame hai creato con Calderara e i suoi cittadini?
In molti casi io ho conosciuto loro attraverso le foto ma loro non hanno conosciuto me. In altri casi, loro hanno conosciuto un po’ di me attraverso il materiale video prodotto ed i lavori esposti negli edifici, ma io non ho conosciuto loro. In entrambi i casi all’incontro diretto è subentrato qualcos’altro: la proiezione.
Il lavoro dell’immaginazione è stato molto prolifico per questo progetto. Nonostante le tecnologie, di fatto ho immaginato un luogo e attraverso alcune foto ho ricostruito una storia: una narrativa. A Calderara credo che sia arrivato questo di me, come se fossi una voce narrante proveniente da un libro o da un film: senza entrare mai in scena.
Cos’è per te casa?
Questa è una domanda difficile. Ho un nuovo rapporto disincantato con il concetto di casa e mi spaventa il fatto che oggi venga “venduto” come sinonimo di sicurezza. La casa probabilmente coincide con la nascita dell’architettura e, insieme all’agricoltura, ha rappresentato l’interpretazione primordiale più intelligente della condizione in cui l’uomo viveva al tempo. L’obiettivo era semplicemente quello di proteggersi dalle intemperie, dall’inverno e dagli altri animali più aggressivi. Non so come da lì siamo arrivati alle speculazioni immobiliari più estreme e sofisticate. Compresa la grande illusione sulla sicurezza e sul controllo di essa attraverso il possesso di un immobile.
Se invece vista come spazio antropologico, la casa è interessantissima!
Io, ad esempio, preferisco vederla come una scatola magica all’interno della quale puoi costruire e disfare; puoi cambiare le scene ed alzare o chiudere il sipario quando vuoi senza necessariamente seguire alcun senso logico. E in fondo lo facciamo tutti i giorni, con le finestre aperte o chiuse, e le stanze illuminate e quelle lasciate al buio.
CREDITI
Intervista a
Andrea Abbatangelo
a cura di
Tatanka
Immagini
Andrea Abbatangelo
Video
“Prospettive: visione di città tra memoria e futuro”, a cura di Adiacenze
Prospettive:
visioni nella città tra memoria e futuro.
Progetto di:
Sistema Culturale Calderara
Casa della Cultura Italo Calvino
Teatro Spazio Reno
Biblioteca R. Veronesi
a cura di:
Associazione Culturale Adiacenze
in collaborazione con:
Circolo fotografico calderarese
Comune di Cotignola (Ravenna)
Comune di Spilamberto (Modena)
con il contributo di:
Regione Emilia-Romagna
Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Emilbanca
Confcommercio Bologna
La versione digitale
della rivista è consultabile esclusivamente da desktop e sarà online fino al 18.01.2021.
Progetto Editoriale a cura di
Tatanka www.tatankajournal.it
Il progetto è stato sviluppato durante la residenza artistica
presso la Casa della Cultura Italo Calvino nei mesi
di Novembre e Dicembre 2020
Redazione: Sara Ceradini, Francesco Fadani, Jacopo Undari
Progetto grafico: Nicolò Oriani Illustrazioni: Francesco Fadani
Fotografie: Piergiorgio Sorgetti
Programmazione web: Davide Massaro
Rivista consultabile online esclusivamente in versione desktop
fino al 18/01/2021