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casa dolce strada

calderara di reno 18.12.2020

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homing

Che tipo di progetto artistico avete portato al BOOM Festival?

Home_homing è un progetto che si è sviluppato in 3 fasi, ognuna in spazi e tempi differenti. Nella prima fase abbiamo chiesto ai cittadini di Calderara di rispondere alla domanda “Che cos’è casa?”. Potevano aderire liberamente al progetto, rispondendo alla domanda nella forma che preferivano. Abbiamo cercato di ricreare uno spazio familiare all’interno della Casa della Cultura, abbiamo allestito un piccolo salotto: alcuni sono arrivati portando un testo scritto, da declamare, altri hanno risposto in maniera più essenziale. È stato interessante perché abbiamo visto l’emergere della personalità dei partecipanti dal modo in cui si ponevano a noi e alla domanda. Il 16 ottobre abbiamo realizzato un dialogo performativo insieme ad Enrico Pitozzi, a cui abbiamo chiesto di preparare un testo che parlasse dei concetti di casa e di corpo, un testo pensato per dialogare con la danza di Daniele e di Simona Bertozzi. È stato un appuntamento che è servito da introduzione alla riflessione sulla casa, propria di tutto il progetto, è stato un momento particolare, la danza e la lettura si sono incastrate naturalmente, perché la parola stimola un movimento nel danzatore e si crea un’azione, un gioco di improvvisazione e dialogo fra i due diversi linguaggi. La terza fase è stata invece quella della rielaborazione di tutte le riflessioni nate dal progetto: le riflessioni nostre, quelle della comunità di Calderara, quelle degli altri artisti che hanno collaborato al progetto (Enrico Pitozzi, Simona Bertozzi, Daniela Cattivelli, Salvatore Insana ed Eva Karczag, ndr). Nello spettacolo andato in scena alla Casa della Cultura, infatti, il linguaggio della danza ha dialogato con le voci dei cittadini che sono diventate tappeto sonoro di una parte della performance grazie al lavoro di Daniela Cattivelli – che ha processato l’audio delle interviste – e con il video realizzato insieme al videomaker Salvatore Insana, che rappresentava il nostro punto di vista sulla città di Calderara.

Perché e in che modo, quindi, Home_ homing ha raccontato la casa?

Lavoro al progetto HOME dal 2019, prima della pandemia, la riflessione sulla casa non nasce quindi ora, ma molto prima, con altre esigenze. Il punto di partenza del progetto è un’esigenza personale, quella di trovare il legame fra il concetto di casa e il linguaggio, quello che ognuno di noi utilizza nella vita di tutti i giorni. A livello performativo, nella danza, questo significa trovare il legame delle parole con il corpo. Il nostro lavoro artistico si è poi evoluto in corso d’opera, abbiamo cominciato a intendere il progetto stesso come una casa, non volevamo creare un oggetto finito, uno spettacolo autoconclusivo, ma volevamo che il progetto diventasse il luogo e la casa di altri pensieri e riflessioni. Era importante per noi che il progetto rimanesse aperto, una sperimentazione. Anche perché, ormai – e soprattutto in questo periodo – non esiste più il concetto di spettacolo come oggetto finito, qualcosa che finisce dentro al teatro: il concetto di casa, in questo senso, si presta ad essere qualcosa di aperto.

Avete trovato una continuità fra i diversi racconti di “casa” che avete raccolto?

Sicuramente esistono dei canali principali, ma una continuità no, assolutamente. La tua idea di casa sei tu, ed è un concetto vasto quanto l’umanità. Ovviamente esistono dei percorsi preferenziali, ma a noi non interessava trovare una risposta comune, piuttosto ci interessava porre delle domande ed ascoltare. Ed il risultato è stato a volte geniale. C’è chi ha risposto alla domanda scrivendo: “io e il gatto, io e la doccia, io e Netflix”. Oppure: “la casa è dove posso stare scalzo e in mutande”. O, ancora: “la casa è dove trovo il caldo e la famiglia”. Più che trovare risposte, mi è sempre interessato fare riflessioni sulle forze che agiscono nello spazio e sul corpo, in questo senso la casa è un concetto stimolante perché ha in sé una doppia forza: ti attira verso l’interno ma ogni cosa, ogni oggetto, ti riporta fuori, verso un ricordo, un legame, una storia. È lo stesso gioco di forze contrastanti che esiste nel teatro, tu porti in uno spazio chiuso un’esperienza che ti porta fuori, ad altri concetti.

“Homing”, infatti, non è una parola statica, porta con sé un movimento, giusto?

Esatto, con “homing” si intende il meccanismo di orientamento che permette agli animali di ritrovare la strada di casa. Il lavoro che abbiamo portato quest’anno al festival è strettamente connesso ad un progetto precedente, Elsewhere, che trattava il tema delle migrazioni, che a sua volta è un tema molto attuale. In quel progetto, così come in Home_homing, la casa è intesa come un movimento verso qualcosa. Soprattutto in un momento storico come questo, in cui la casa come oggetto concreto diventa sempre più indefinibile, a noi interessa ragionare sulla casa come corpo, come linguaggio, come movimento, ed è in questo senso che l’intero progetto può essere inteso come un grande movimento verso il concetto di casa.

Cos’è per voi casa?

È una domanda a cui non sappiamo ancora rispondere! Ma se dobbiamo rispondere ora, diciamo che per noi la casa è il linguaggio.

Home_homing, Atto I, Teatro Spazio Reno, Calderara di Reno (BO) 24 ottobre 2020

Home_homing, Atto II, Casa della Cultura, Calderara di Reno (BO) 24 ottobre 2020

Home_homing, Atto III, Casa della Cultura, Calderara di Reno (BO) 24 ottobre 2020

CREDITI

Intervista
Daniele Albanese

a cura di
Tatanka

Video
Home_homing, spettacolo in tre atti
Calderara di Reno (BO)
24 ottobre 2020

Home_homing_esterni, con Daniele Albanese,
di Salvatore Insana, con la promozione e cura
di Francesca Divano

Home_homing
Progetto di
Daniele Albanese
a cura di Francesca Divano
con la collaborazione di:
Enrico Pitozzi
Simona Bertozzi
Daniela Cattivelli
Salvatore Insana
Eva Karczag

indice

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della rivista è consultabile esclusivamente da desktop e sarà online fino al 18.01.2021.